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La mia Patagonia (secondo capitolo): 14/01/2017 BIKEPACKING

Sono le 9:00 di mattina del 14/01/2017 e noi siamo sul molo di Raul Marin Balmaceda, pieni di energia e di aspettative, per quello che nel nostro immaginario sarà una delle esperienze più spettacolari del viaggio: l’avvicinamento alle balenottere azzurre su una barca di pescatori locali.

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La traversata in traghetto dura 5 ore, solcando le acque del Golfo di Corcovado, arrivando al villaggio di pescatori di Melinka sull’isola di Ascención. Durante la navigazione, Gabri inizia a lavorare sulle foto e sui video fatti fino a quel momento, tra un caffè un panino ed una foto al panorama, le ore iniziano a trascorrere. Finalmente arriviamo a Melinka, subito andiamo a fare i biglietti di ritorno, alle 3 di notte abbiamo il traghetto. Intanto ci dirigiamo all’unico ostello presente, per lasciare le bici, farci una doccia e posare le nostre cose in una camera, dove ci saremmo riposati fino al momento di prendere il traghetto di ritorno.

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L’ostello in questione è veramente ad un passo dall’attracco, ci sistemiamo nelle nostre stanze (una doppia e una singola) e subito chiediamo al gestore di trovarci una imbarcazione per andare a vedere le balene. Da quel momento inizia a fare una serie di telefonate per trovare l’imbarcazione. L’ho trovata aspettate qui tra circa 30 minuti arriverà il proprietario. Ci dice già il prezzo, cambiando versione più volte. La cosa non ci convince, dopo più di una ora del barcaiolo nemmeno l’ombra. Iniziamo a spazientirci, chiediamo spiegazioni, ma niente non riesce ad essere chiaro, nel frattempo andiamo a fare la spesa per il giorno seguente, visto che avremo dovuto affrontare la prima di tappa in bici: 121km 1200metri di dislivello in salita. Al nostro ritorno in ostello, il gestore ci dice che al prezzo pattuito non riesce a trovare nessuno. Dico io non ce lo potevi dire prima?! Il pensiero comune è che lui faccia da intermediario tra i pescatori ed i turisti e che nel prezzo che ti propone ci sia la sua percentuale. Non essendo con noi riuscito ad accordarsi per un prezzo che comprendesse tale percentuale, ha fatto saltare l’accordo, dicendoci di andare al molo per parlare direttamente con i pescatori.

Così facciamo e in un attimo abbiamo l’accordo. Due ore per una cifra intorno alle 80€.

E’ proprio come me lo ero immaginato, barca di pescatori locali (una bagnarola molto folcloristica) , l’equipaggio composto dalla famiglia: padre ai comandi, due figli e amichetto del figlio più piccolo.

Salpiamo pieni di speranza, visto che anche a bordo ci dicono che la possibilità di vederle è molto alta e che addirittura possono arrivare fin sotto all’imbarcazione. Quindi macchina fotografica in mano, go pro pronta all’uso e occhi spalancati. Il paesaggio è fantastico, stiamo navigando nelle acque descritte magistralmente da Luis Sepulveda nei suoi romanzi  Queste acque sono inoltre solcate dalla  Caleuche,,una nave fantasma che di notte naviga senza meta. Alcuni dicono che si tratti addirittura dell’Olandese Volante. Ma menomale siamo di giorno quindi il pericolo di essere attaccati da una nave pirata fantasma non c’è.

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Ma man mano che continuiamo la nostra esplorazione del golfo di Corcovado, spingendoci anche oltre, inizia a insinuarsi un altro pericolo: Le balene oggi potrebbero essere timide e non affiorare in superficie per farsi ammirare. Ci dicono di non distogliere mai lo sguardo dal mare, il famoso soffio delle balene può raggiungere anche i 9 metri di altezza. Così facciano per più di 2 ore ma niente da fare, Il figlio del pescatore  prova a consolarci coinvolgendoci nella pesca. Ma ormai la delusione, la stanchezza e la noia hanno preso il sopravvento. Rientriamo al porticciolo, paghiamo quanto pattuito e con il capo chino, ci avviamo verso l’ostello.

Ceniamo, (pollo, verdure, riso, birra) e ci avviamo verso le nostre camere. Domattina, anzi stanotte, la svegli suonerà molto presto: 2:30 am. Ci svegliamo e il solo pensiero del programma di oggi, mi fa gelare il sangue. Traghetto alle 3.15 am Melinka-Raul Marin Balmaceda., e 120km di bici per raggiungere Quelat, punto di partenza del trekking per il “mirador” al Ventisquero Colgante

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Il traghetto ovviamente è in ritardo,di più di un’ora. Tra una cosa e l’altra iniziamo a pedalare quesi alle 11, troppo tardi. Ma è anche la prima tappa i bici del nostro viaggio, quindi l’energia e l’entusiasmo sono al top. Si parte agganciamo i nostri scarponcini da bici ai nostri attacchi speed e partiamo. Diamo la prima pedalata tutti e tre insieme. L’avventura in bici è ufficialmente iniziata. 50 metri ed ecco la prima caduta, Gabri entra con la ruota davanti in un mucchietto di sabbia smossa in una curva verso sinistra, risultato la ruota davanti gli si chiude, catapultandolo in terra. Tante risate e ovviamente niente di grave. I primi 70km scorrono abbastanza velocemente, anche se il “ripio” nella prima parte non è dei migliori. Per chi non lo sapesse il Ripio è una strada non asfaltata con pietrisco. Lo sterrato sta per finire e inizia la vera Carretera Austral (Ruta 7), la imbocchiamo in direzione sud, pedaliamo per pochi km e arriviamo a la Junta, un grazioso paese, o forse sarebbe meglio dire villaggio, teatro nei mesi addietro di fantasie goliardiche da parte mia e di Jody, come se la Junta fosse stata per i 10 mesi di allenamento pre viaggio il centro di tutta l’avventura. Un gelato e una coca-cola non ce le leva nessuno. Ragazzi andiamo è tardi e c’è ancora tanta strada da fare. Gabri sull’asfalto è rinato, la schiena gli da meno fastidio e il profilo delle  sue gomme da 26/2.0 (26 di diametro e 2 pollici di larghezza) è più adatto a percorsi poco movimentati, quindi sull’asfalto vanno sicuramente meglio che non sul ripio

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La Junta stiamo arrivando alla Junta, protagonista dei nostri sogni in fase di progettazione viaggi, sembrava che fosse il fulcro del viaggio, sapete io e Jody dicevamo sempre: a la Junta facciamo questo, a la Junta facciamo quest’altro come una sorta di gioco. Ed ora che ci stiamo d’davvero ce la godiamo tutta. Infatti gelato e coca cola, quindi grassi, zuccheri e caffeina, che se brucati non fanno mai male. Gabri nel frattempo scatta delle foto stupende alla figlia del gestore, ha veramente degli occhi stupendi. Riprendiamo mancano solo altri 50km, asfalto asfalto fammi scorrere queste routone che poverine devono sopportare tutto il peso dei mie bagagli. Ma purtroppo sembra che l’asfalto non sia incline ad accogliere la mia richiesta, che faticaaaa!! Inizia a fare buoi mancano 10km e iniziano a venirmi dei dolori impressionanti ai quadricipiti, stringo i denti devi arrivare in fondo. Sono orma le 9:30 passate quando entriamo con il buio a Puyuhuapi. Fortunatamente troviamo subito un ostello a poco, con cucina dove possiamo cucinare. In camera, per recuperare, prendiamo recovery drink inkospor, proteine inkospor e una aspirina. Doccia veloce e subito a cena. Cerchiamo un ristorante ma niente, l’unica cosa di aperto è un baracchino di strada con alcune panche per sedersi, che serve pizze pre pronte, preparate al microonde. Talmente è la fame che le 2 pizze e mezzo a testa che mangiamo sembrano buonissime. Accanto a noi un tavolo di Israeliani, jody che è di religione ebraica, inizia a interagire con loro, parlando del più e del meno. Io sono totalmente assente ho sonno e vorrei dormire, poco dopo ci alziamo e camminando torniamo all’ostello. Streatching per la schiena e via a letto, domani ci aspetta il trekking del Ventisquero Colgante. Io e Gabri che siamo in camera insieme prediamo un’altra aspirina impacchi di ghiaccio alle gambe.Buonanotte Gabri oggi grande prova

16/01 Mi sveglio piacevolmente riposato, credevo di essere distrutto, invece il mio corpo ha reagito bene. Per non sapere ne leggere ne scrivere, mi preparo 30 grammi di proteine in polvere prima di colazione, ovviamente dopo aver preso il mio multi vitaminico. Il mio organismo le assorbe in un attimo. Pronti per colazione. Uova, toast, burro e marmellata, un litro di caffè o quasi , succo di arancio e due panini con quello che loro chiamano prosciutto, mi sembra il san daniele, brutto segno inizia già la fame artificiale da fatica, quando mangeresti anche le ciabatte .

La mattinata scorre tranquilla, visto che piove e decidiamo di aspettare il miglioramento previsto nel pomeriggio per andare a fare il trekking al mirador (punto panoramico) del ventisquero.

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IL pomeriggio dopo pranzo (panini), contrattiamo (jody), un passaggio privato per l’entrata del parco e ovviamente anche il ritorno. Il prezzo ci soddisfa, montiamo. Dopo pochi metri incontriamo dei lavori lungo la strada, visto che questa parte della Carretera Austral è soggetta a frane. Il nostro ritmo diventa terribilmente lento, tanto da farci temere di arrivare dopo l’orario di chiusura del sentiero. Nel frattempo sulla strada vediamo i ragazzi israeliani della sera prima. Ragazzi dove andate? dice Jody, al Ventisquero Colgante rispondono loro. Bene volete dividere il passaggio con noi? Dopo una brevissima contrattazione sul prezzo, i ragazzi montano a bordo.

Dopo circa un’oretta e mezzo arriviamo al parco, paghiamo l’entrata, il nostro “autista ci verrà a riprendere tra 3 ore. Iniziamo l’hiking tutti insieme, dopo poco ci dividiamo, abbiamo ritmi diversi (noi più veloci)ma abbiamo da fare le foto e questo a volte ci rallenta.

Comunque il bosco che stiamo attraversando è magico, profumi e colori che da soli valgono l’intero viaggio. Ma l’arrivo al mirador è qualcosa che non scorderò mai. Una lingua di ghiaccio sospesa sul verde acceso delle chiome degli alberi sottostanti, bagnati dalla cascata d’acqua proveniente dal ghiacciaio. Mi fermo, entro in un rispettoso silenzio e ammiro. Qualche scatto di rito, inizia a piovere e si sta facendo tardi, giù di corsa. Gabri dopo 10 minuti di corsa in discesa nel bosco, si accorge di non avere la custodia della macchina fotografica al collo, dove dentro c’era uni dei due obiettivi. Lui e Jody scattano in salita per tornare al mirador a recuperarla. Io intanto resto li nel bosco a fare qualche foto con la macchina di Gabri.

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I due valorosi tornano indietro in un baleno, penso io: capperi che bravi. Tutti e tre iniziamo nuovamente a scendere con passo svelto. Le nostre movenze del corpo per un attimo, mi ricordano una scena del film dell’ultimo dei moicani. Diciamo che la mia mente sta dando i numeri … Ma è anche comprensibile visto il tipo di viaggio che stiamo facendo.

Il nostro “autista” è giù ad aspettarci. Arriviamo nel nostro ostello e ci mettiamo a cucinare, o meglio jody cucina un semplice ma ottima pasta al ragù. Io e Gabri abbiamo un acceso scambio di opinioni, che termina con una stretta di mano. Mangiamo facciamo il backup delle foto e andiamo a letto domani ci aspetta una lunga e faticosissima salita.

17/01 Oggi è il giorno del passo che ci condurrà al bosque encantado. La parola giusta per questa giornata è: Tosta. E la frase da ripetere come un mantra è: Non mollare.

La mattina dopo una colazione paurosa per quantità e calorie ingurgitate, andiamo alla ricerca di un passaggio saltare i primi 20 km di strada piedi di lavori e continue interruzioni. Lo troviamo, montiamo le bici sul furgone di un operaio che andava proprio verso quei cantieri.

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Anziché 20 km, il passaggio diventa di 25km e in una tappa del genere 5km possono fare la differenza. Scendiamo dal furgone scarichiamo le bici e io pronti via mi infilo in una di quelle strutture blu, coin porta bianca sul ciglio delle strade quando ci sono dei lavori in corso. Per dirla in parole povere, vado a fare i miei bisogni nel bagno mobile, di un cantiere sperduto nel sud del Cile.

Ok ora possiamo iniziare a pedalare. I primi km sono in piano costeggiando il fiordo Puyuhuapi. Ma è la classica quite prima della tempesta. Siamo ormai in prossimità della salita, la strada diventa sterrata, il tempo sta peggiorando. Scalo tutte le marce e capisco subito che il cambio rimarrà in quella posizione fino alla fine della salita. Inizia a piovere ma fa anche caldo, umido molto umido. Il ritmo è lento, la pedalata pesante, le gomme della mia bici, non sono assolutamente adatte a questa salita, ma non importa non voglio scendere, cerco di concentrarmi su altro. Improvvisamente un omino in lontananza, la strada sembra spianare, forse ci siamo ecco il passo. Dalla contentezza ci abbracciamo. Chiediamo informazioni al tipo, se si siamo in cima alla salita, la risposta è affermativa, esultiamo ci abbracciamo. Improvvisamente tutti i dolori spariscono Il peggio è passato. Contenti dell’impresa mangiamo due panini sotto la pioggia e ci rimettiamo in marcia. Subito ci rendiamo conto che, si il peggio è passato, ma non la salita non è totalmente finita. La pioggia si intensifica e man mano che arriviamo al vero passo, anche il vento diventa più forte. Eccoci finalmente in cima alla salita, questa volta stiamo davvero pedalando sul passo. Ci fermiamo per qualche foto artistica. Improvvisamente la mia bici cade e il gps sbatte in terra, da quel momento l’umidità inizia ad entrare sotto il vetro, andando a bloccare completamente il touch screen. Risultato non posso più usare il gps. Nel frattempo vediamo passare un ciclista in solitaria, completamente bagnato, noto che ha un buon passo, lo salutiamo e lui contraccambia, ma non si ferma tira dritto.

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Rimontiamo in sella, inizia il falso piano in discesa, stiamo passando accanto al bosuqe encantado. Infatti intravedo l’entrata del sentiero per gli escursionisti che si avventurano all’interno del bosco. Che voglia vorrei andare anche io, un momento sono su una bici, sto attraversando la carretera austral, ho appena compiuto una impresa sportiva e sto per divertirmi come un matto in discesa…ci ripenso non voglio andare nel bosco, voglio fare quello che sto facendo. Prima di puntare i miei occhi definitivamente verso la discesa, intravedo un overland truck gemellato enorme, in sosta proprio nel parcheggio all’imbocco del sentiero. È di colore giallo, guardo meglio ed è quello della Tucano viaggi, veramente bello penso.

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Ora però via a tutta birra in discesa, piove tantissimo, ci lanciamo il panorama è stupendo l’atmosfera è unica direi magica. Ho una adrenalina pazzesca, mi sento bene in pace con me stesso. Arriviamo ad una curva a gomito cin ampio spazio per parcheggiare e godere del panorama, ed incontrino un camerista tedesco. Un pazzo che stava viaggiando da solo con il camper da Sud a Nord del Cile. Scambiamo battute e impressioni, ovviamente ci facciamo una foto tutti insieme e via. La pioggia sembra seguire l’andamento della nostra altimetria. In salita pioggia battente, verso la pianura sereno. Eccoci a pedalare in pianura, il sole inizia a scaldare sul serio. Ci fermiamo, ci spogliamo, rimaniamo a torso nudo per fare asciugare i vestiti. Mi levo anche le scarpe ed i calzini, il sole picchia forte ed io mi sento una lucertola al sole. La tappa è ancora  lunga e non sappiamo che ci aspetta una ultima faticosa salita prima dell’arrivo a Villa Amengual.

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Siamo abbastanza in forma, io mi sento bene. Iniziamo la salita che ci porterà a destinazione. E’ veramente lunga, ma ormai abbiamo il pilota automatico. Mancano 3 km e incontriamo un gruppo di ciclisti, uno dei quali è un signore di quasi 70 anni che proviene dalla Garfagnana. Un toscanccio come noi. Una parola tira l’altra e in lontananza vedo il cartello Villa Amengual. Siamo arrivati una tappa da 90 km e quasi 2000metri di dislivello in salita. Sono le 8 di sera e ancora il sole alto, che bellezza.

Il villaggio è un paesino di montagna con pochissime case e quindi pochissimi alloggi, ma circondato da una natura stupefacente. Siamo fortunati troviamo posto all’ostello “El Indio”, una topaia gestita da figlia e padre burbero con tratti da indio. L’alloggio comunque è in pino stile avventura e quindi in linea con le nostre aspettative. E poi avere un letto è un lusso.

La routine è sempre la solita, divisione delle camere, io stanotte dormo da solo, integratori, doccia e a cena. Per cena andiamo nell’altro alloggio del paese, dove fanno anche ristorante. La cena è squisita, ma i litri di birra che tracanniamo sono come il nettari degli dei. A tavola la stanchezza si fa sentire, ma anche la fame e quindi porzioni triple. Tornati nei nostri alloggi crolliamo nelle nostre brande. Visto l’assenza di riscaldamento nella mia camera, mi copro con tre coperte molto spesse e la notte trascorre via liscia, senza problemi di temperatura, consapevole che domani sarà la tappa più facile di tutto il viaggio

18/01 Dopo una notte al freddo nell’ostello “El Indio” en villa Amengual, partiamo, per fortuna in discesa, in direzione di Villa Mañihuales. La nostra pedalata è rilassata poiché sappiamo, che la tappa di oggi è forse la meno dura del viaggio.

Il paesaggio inizia a modificarsi, le valli iniziano ad allargarsi e spuntano le fattorie circondati da  grandi prati verdi.

La strada è ancora asfaltata in leggera discesa, cosa che ci permette dir raggiungere villa Mañihuales per l’ora di pranzo.

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Ci sentiamo bene e quindi, tutti insieme, decidiamo di pranzare e continuare, senza darci una meta precisa, ma calcolando di iniziare a trovare un posto dove mettere la tenda intorno alle 7:30 di sera., in modo da avvicinarsi il più possibile a Coyahique.

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Visto questa decisione, ci concediamo un pranzo in una graziosa tavola calda. IL menù è composto da: Tapas, minestrone con riso verdure lesse e manzo. Oltre all’immancabile birra.

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Ripartiamo carichi a molla per percorrere più Km possibili in direzione di Coyahique.

La carrettiera Austral continuerebbe diritto verso il capoluogo della regione di Aysen, mentre noi imbocchiamo un deviazione, più panoramica, costeggiando il fiume  Mañihuales. Appena scattate le 7:30 iniziamo a guardarci intorno, e trovare un posto dove dormire. In lontananza scorgiamo un campo con una casa e delle persone.Gabriele, che di noi è quello, con il viso più angelico, va a chiedere ospitalità.

Con stupore la famiglia non solo ci lascia dormire nella loro casetta, ma ci invita nella loro casa di Coyahique il giorno seguente. Jorge, così si chiama il capo famiglia, inizia a tirare fuori birre e vino, lasciandole sul tavolo nel caso ne avessimo avuto bisogno. Mentre io e Jody parliamo  con lui, Gabriele stava scattando delle foto alla figlia Tamara e al suo piccoletto di nome Augustin, che di fatto mi dava tanto l’idea di trovarmi di fronte al bambino del film Jerry Maguire. A completare il quadretto c’è una dolcissima cavalla in cinta, che mentre facciamo stretching si avvicina a Jody respirandogli nell’orecchio, cosa che a dir suo lo ha fatto rilassare ulteriormente. Salutiamo i Saenz e ci diamo appuntamento a Coyhaique per domani appena finita la nostra ennesima faticata in bici. Iniziamo a scattare una serie di foto ricordo una più bella dell’altra, ancora increduli della fortuna che abbiamo avuto.

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Prima di cena decidiamo di andare ad immergere le nostre stanche gambe nell’acqua ghiacciata del fiume sottostante. Quindici minuti di panico e tanto divertimento, spensierati lontano da tutto, solo noi, la Patagonia e le nostre biciclette.Questo è il pensiero con il quale esausto ma felice mi sono addormentato.

19/01 Il risveglio è lento, visto che ci aspettano “solo” 70km. A malincuore lasciamo quell’angolo di paradiso per andare a scovarne altri. Pedaliamo costeggiando il fiume Mañihuales, attraversando ponti spettacolari con cascate imponenti. Iniziamo a notare fattorie, cavalli, mucche e pecore, che sono il comune denominatore di questa regione fino al lago General Carrera. La strada è divertente da pedalare se  non fosse per una terrificante, quanto famosa salita di 8 km che ti conduce alla collina, dalla quale puoi vedere tutto il centro urbano di Coyhaique. Ci fermiamo per un po’ di foto e straetching, prima di ripartire in discesa verso la città.

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Dentro di me penso ok anche oggi è finita è fatta, il tempo di dirlo e davanti a me appare una ultima salita di 1km, che conduce dritta nel cuore del centro urbano. Proprio in quell’istante esce il sole, inizio a scaldarmi rapidamente. A metà salta mi devo fermare per levarmi la felpa, troppo caldo. Praticamente in maglietta e pantaloncini arrivo alla fine della salita che porta su una delle strade principali, dove immediatamente ci fermiamo al primo pub-bar per una meritata birra di fine tappa.

Mentre ci riposiamo, sorseggiando 3 birre rosse, chiamiamo i nostri amici per farci venire a prendere.

Esausti ma felici di vederli, montiamo in macchina, caricando le bici sul loro pick-up. Con Jorge e sua moglie Luiz c’è anche l’altra figlia Makarena Per una anno a 17 anni ha abitato a Mantova, per un progetto di scambio culturale e quindi sfoggia un Italiano quasi perfetto. Arriviamo a casa dei Saenz, che ci mettono a disposizione, la lavatrice e la doccia. Dopo esserci lavati, Gabri e Jody vanno in città per fare un regalo di ringraziamento alla famiglia, mentre io rimango a casa a giocare con il bambino e lavorare in po’ al computer.

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I ragazzi tornano con delle magnifiche foto della loro famiglia scattate  da Gabriele ieri, sviluppate e incorniciate

Per cena la signora ci ha preparato, carne con vedere, ottimo piatto per recuperare dalle fatiche.

Ovviamente tra una birra e un buon bicchiere di vino cileno, le risate e gli aneddoti iniziano a prenderne il sopravvento, fino a quando la stanchezza arriva inesorabile.

Dopo aver salutato la signora il piccolino e le due sorelle, e naturalmente Jorge, ci dirigiamo al piano di spora dove ad aspettarci c’è un letto matrimoniale e un materassino. Io e Gabri nel lettone, Jody sul materassino e buonanotte a tutti.

20/01 Oggi sveglia di buon ora, ci aspettano 90km e 1400metri di dislivello con arrivo a Villa Cerro Castillo. In tutti i viaggi dove la fatica è una costante e dove la stanchezza può prendere il sopravvento  e qualche discussione può venire fuori. E così alle 7 di mattina io e Jody iniziamo a litigare per una stupidaggine sui carichi delle bici. Dopo questa scaramuccia iniziamo a pedalare su asfalto, i primi km sono in leggero falsopiano, attraversano campi con i simpatici animali da fattoria Mucche, cavalli e pecore che ci fanno compagnia Km dopo Km. Sappiamo bene che la parte più faticosa sarà nella seconda metà della giornata, quindi cerchiamo di preservare le energie.

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Dopo una 40 di km incontriamo Martin, il ragazzo tedesco che avevamo intravisto per la prima volta sotto l’acqua sul passo di montagna tra Puyuhuapi e Villa Amengual, dove tra l’altro il touch del mio gps aveva smesso di funzionare, causa troppa acqua.Iniziamo a pedalare insieme e a raccontarci le nostre storie. Anche lui oggi ha intenzione di arrivare a Villa Cerro Castillo, quindi almeno per oggi il gruppo è composto da 4 persone. In cima alla salita, che porta all’entrata del Parco Naturale Cerro Castillo, Gabriele rompe il cambio, Con Jody decidono di fare l’autostop,per tornare a Coyaique per cercare una “Tienda” di biciclette per sostituire il cambio, prendere un taxi per ritornare al punti dove hanno lasciato la bici di Jody e tutte le borse, per poi raggiungerci in tarda serata (notte) a Cerro Castillo. Nel frattempo io e Martin continuiamo, la strada, che all’inizio sembra in discesa, ma purtroppo inizia un falsopiano con vento contrario che ci farà sprecare molte energie. I panorami sono mozzafiato, ma il vento è davvero insopportabile. Tra una pedalata e l’altra arriviamo al famoso serpentone (punto panoramico sulla valle del Pueblo di Cerro Castillo), dove Gabriele nella sua mente aveva immaginato di scattare un certo tipo di foto, che causa di forza maggiore non ha potuto fare. Il tempo inizia a peggiorare, la pioggia diventa sempre più intensa, ma menomale gli ultimi 10km sono tutti in discesa. Con Martin decidiamo di ritrovarci per cena nell’unica osteria (o parvenza di tale), dopo aver trovato lui un camping e io una Cabaña o Hospedaje per 3 persone, in attesa di notizie dai mie compagni di viaggio.Il paese è a dir poco deprimente come, l’Hospedaje che trovo. Sicuramente sul podio dei posti più brutti dove abbia mai dormito. Vi dico solo che i gestori bevevano vino rosso con dentro latte in polvere, che all’inizio sembrava yogurt ai frutti di bosco i letti erano in delle camerate squallide e avevano una forma collinare, si avete capito bebe collinare. Nel senso che c’erano le gobbe sui materassi

A cena con Martin iniziamo a parlare dei nostri due blog, mentre lui parla dentro di me nasce come una specie di ammirazione nei suoi confronti, la mia mente continua a ripetermi, questo ragazzo è veramente in gamba.

Io gli parlo dei miei viaggi e dei mie progetti, lui mi parla dei suoi oltre 20 anni di ciclo turismo in giro per il mondo. E’ davvero piacevole sentirlo parlare.

Ordiniamo due hamburger con astatine e naturalmente birra. Con mio grande stupore mi arriva un mega panino, che penso sia la cosa migliore che hanno in quel paese. Il tempo sta ancora peggiorando e iniziamo a preoccuparci per Jody e Gabriele. Gli scrivo un messaggio con il nome dell’alloggio (se così si può definire). Mentre sono sdraiato sul letto (ancora vestito ) alle 10:10 PM vedo entrare  in camera i mie compagni, distrutti ma felici per la prova che avevano superato.

Dopo aver ribadito la bruttezza di quel posto e le condizioni a dir poco precarie, ci addormentiamo, cercando di far riposare i nostri corpi sulle “colline” dei nostri letti

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21/01 Stamattina, oltre alla stanchezza, ci si è messo anche il vento, talmente forte da farci pensare di desistere. martin va in avanscoperta. Pochi Km e torna indietro. Impossibile pedalare. Peccato, o forse no, dipende dai punti di vista. Ora abbiamo davanti a noi due giorni di riposo. Questo e domani, visto che è prevista dal programma l’escursione Cavernas de Marmol Contrattiamo per un passaggio verso Puerto Rio Tranquilo. Lo troviamo carichiamo le bici sopra e partiamo. Visto che la cabina è solo per 3 persone, stiamo tutti a sedere nel cassone dietro, godendo di un panorama mozzafiato, oltre che riempirci di polvere. Jody sembra Gandalf…con la barba impolverata. Il Basque Muerto, il Lago General Carerra si parano davanti a noi con tutta la loro bellezza. Arriviamo al piccolo villaggio di pescatori, per la verità molto turistico, scarichiamo le bici e andiamo sparati a cercare una cabaña. La troviamo proprio in riva al lago, che meraviglia. Per due notti dormiremo li, riposando le nostri menti e le nostre gambe. Facciamo la spesa, cuciniamo e mangiamo nella nostra casetta. Ora cosa manca? a già organizzare l’escursione di domani in barca. La gestrice delle cabañas ci manda il pescatore proprietario della barchetta, in poco tempo l’accordo è trovato.
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22/01 La mattina ci svegliamo e forti del nostro accordo andiamo all’appuntamento. Montiamo in barca, facciamo l’escursione, un sacco di foto da tutte le angolazioni. La giornata di riposo è fondamentale e ci permette di godere di questa meraviglia della natura. Le Cavernas de Marmol sono veramente spettacolari, una tappa obbligatoria per tutti i viaggiatori sulla Carretera Austral. La giornata trascorre all’insegna del riposo e

Cucinare, cenare, dormire…

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 23/01 Via si parte da Puerto rio Tranquilo, tutti in piedi sui pedali. Il ritmo è ottimo mi sento bene, il profondo sud sta arrivando e io oggi sono particolarmente ispirato. La meta è Cochrane 120 km più a sud. Saliste immense, paesaggi struggenti e brutto tempo in arrivo. I primi 50km gli passiamo così. Poi arriva la pioggia, veramente arriva un uragano. Da canto mio io adoro la pioggia bici, adoro sentirmi completamente bagnato mentre pedalo, ma così è veramente troppo. Nel frattempo Gabri passo lo zaino che ha sulle spalle a Jody, per scaricare un pochino la schiena. Peccato che dopo 10 metri dall’avvenuto passaggio è arrivata una serie di salite massacranti che il povero Jody ha dovuto affrontare con un ulteriore zavorra. La pioggia si intensifica e anche il vento, fa freddo, i vestiti sono veramente troppo bagnati. meno male che le sacche stagne reggono molto bene.  Arriviamo a Puerto Bertrand completamente mezzi e ci precipitiamo nell’unico ristorante aperto. Meno male che è ottimo. Diciamo che eravamo talmente bagnati, che ci hanno costretto a lasciare gli zaini completamente fradici fuori all’acqua. Poco importa in quale momento di disperazione, ci sediamo a turno andiamo al bagno ad asciugarci. Le zuppe calde stanno già arrivando, insieme a birre e coca cola. Ci rilassiamo mangiamo e facciamo tante risate. Abbiamo quasi finito, la pioggia è cessata è quesi uscito il sole. Ormai è tardi per proseguire in bici verso Cochrane mancano ancora 60 Km. Io avrei continuato ma la maggioranza decide di cercare un passaggio, caricarci le bici ed arrivare in serata a destinazione, proprio per non sforare la tabella di marcia. La ragazza del ristorante trova il passaggio per noi. Tutto sommato mi sta più che bene anche a me. Il paesaggio è magico, drammatico e così coinvolgente: montagne, ghiacciai, fiumi e una strada sterrata che serpeggia stretta verso sud sempre più a sud.

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In serata arriviamo a Cochrane,nella splendida valle di Chacabuco, scoperta dall’esploratore Hans Steffens nel 1899. La cittadina è datata 1929, in origine si chiamava “Las Latas”, poi venne rinominata in “Cochrane” in onore di Thomas Cochrane, ex capitano della flotta inglese.e venne ufficialmente inaugurata il 17 Marzo del 1954 con 10 case in totale. Oggi i suoi abitanti sono per lo più fattori un paesino ultimo avamposto prima del nulla. Troviamo una sistemazione economica con colazione abbondante, o così me la immagino. Per cena il pub in stile country che abbiamo visto arrivando nella cittadina andrà benissimo. E’ il compleanno di Gabri due birrette in più ci stanno bene, beviamo ridiamo ma la stanchezza e il pensiero alla tappa di domani si legge sul volto di tutti noi. Stanco e preoccupata per domani mi corico. I124km di domani sono un chiodo fisso

 

24/01 124 km 1900 metri di dislivello da consumarsi nella splendida cornice della Carretera Austral tra Cochrane e Puerto Yungai. Mi alzo con una certa ansia, sapendo di dover affrontare forse la giornata più dura dell’intero viaggio. Colazione ormai da giorni a base di pane e marmellata, prelievo al bancomat e via si parte. Nemmeno 100 metri e Jody rompe la catena, niente di grave, falsa maglia e si riparte. Il paesaggio ha un che di magico. Ghiacciai, laghi, lagune e abeti, oltre all’onnipresente ripio. I miei tre ormai quattro compagni di viaggio, oggi sembrano essere particolarmente in forma, non riesco a tenere il loro passo nei primi km così, decido di concentrarmi sul panorama. È così cerco di fare per tutta la giornata. Stiamo andando verso sud, le salite sono una costante ma non troppo ripide, in più addolcite dal pensiero di sentirsi soli a tu per tu con la natura. Ogni ora facciamo una pausa, il tempo passa inesorabile e la fatica inizia a farsi sentire. Verso metà pomeriggio inizio ad avere un passo decente che mi dà iniezioni di fiducia, inizio a pensare davvero di potercela fare anche se mancano ancora 49km di cui gli ultimi su una terrificante salita lunga 20km. Durante una delle nostre pause, facciamo la conoscenza di tre ragazze svizzere, bikepackers che vedendoci arrivare così carichi hanno una reazione di stupore. Le tre simpatiche avventuriere stanno percorrendo la Carretera da sud a nord, stoiche!

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Dopo qualche foto con loro ripartiamo, il percorso è in piano e in direzione ovest e costeggia l’unione dei fiumi Nef e Baker, prima di virare bruscamente verso sud.

Cartello 20km a Puerto Yungai questo significa l’inizio della terrificante salita. I primi 2 km le pendenze raggiungono il 12 per cento redendo il nostro cammino un inferno. Per fortuna dopo 4 km le pendenze diminuiscono lasciando spazio ad una salita più mansueta, ma maledettamente lunga.

I paesaggi sono da sogno, cime innevate, passi di montagna lagune nascoste tra gli alberi e continui sali scendi che ti permettono di ammirare a 360 gradi il panorama.

Intanto io e martin siamo andati un pochino avanti, mentre Jody e Gabri si sono fermati a fare alcune foto ad una laguna poco dopo il passo.

Finalmente dopo 12 ore in sella arriviamo a destinazione, un molo da dove prenderemo il traghetto e un piccolo bar, che eravamo sicuri fosse aperto.

Stavano facendo le pulizie, entriamo e gentilmente gli chiediamo dei biscotti e delle patatine. È tutto buonissimo, ma del resto con così tanta fame, cosa non lo sarebbe ?!

Yungai è dotato anche di uno splendida stanza di attesa per i traghetti, perfetta per i nostri materassini e sacchi a pelo.

Così dopo una buona mezz’ora di stretching e una aspirina, verso le 23 ci addormentiamo distrutti ma orgogliosi di ciò che abbiamo compiuto, di ciò che siamo: Bikepackers.
Il pensiero ancora vivo del risultato di ieri, rende il risveglio dolce e i 100km e i 1500 metri di dislivello da affrontare meno spaventosi, quasi come se le giornate fino a 100km fossero ormai delle allegre scampagnate.

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25/01 Il nostro traghetto per portarci dall’altra parte del fiordo Mitchell parte alle 10, quindi alle 9 siamo tutti nella caffetteria per una colazione a dir poco abbondante, senza considerare i 3 panini a testa con prosciutto, che prendiamo come scorta di cibo per la tappa di oggi. Sulla nostra strada ormai da 3 giorni incontriamo regolarmente una coppia di ragazzi Olandesi, che stanno viaggiando sulla nostra stessa rotta, ma con pick-up con letto annesso. Ci facciamo amicizia e anche nel breve tratto per attraversare il fiordo, parliamo di viaggi delle nostre avventure e dei nostri lavori.

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Alle 10:45 arriviamo sull’altra sponda, armiamo le bici e alle 10:59 esatte inizia quella che sarà la nostra ultima tappa, quella che ogni bikepackers sogna, quella che attraverso 3 estenuanti passi di montagna con il battito in gola la gambe che bruciano, il cuore gonfio di sangue e di emozioni, con le lacrime agli occhi dalla contentezza mista a nostalgia e senso di tristezza, ti conduce alla tanto desiderata meta: La fine della mitica Carretera Austral e precisamente nel pueblo di Villa O’higgins.

Dopo una ventina di km in pianura costeggiando il lato sud del fiordo Mitchell arriviamo a quella che con il senno di poi è da considerarsi la porta per  l’inferno, e cioè l’incrocio con la strada che porta al Ventisquero Montt.

Da qui in poi la strada costeggia i fiumi “Bravo” e “Colorado” prima di iniziare a salire per una serie di 3 passi di montagna consecutivi che non danno tregua ne alle gambe ne tanto meno al cuore. Le salite sono ripide e quindi anche le discese per riposarsi sono ripide e corte, in più visto il clima “l’assetto” dei vestiti da salita non può essere lo stesso che quello da discesa, quindi ogni volta che iniziano a pedalare giù dalle montagne dobbiamo coprirci per poi, spogliarci di nuovo dopo poco per affrontare di nuovo le salite. Questo tratto è considerato da sempre e da tutti i viaggiatori da nord a sud il più difficile di tutta la Carretera Austral. Gabriele avendo il ginocchio destro operato al menisco, è costretto a sottoporre il ginocchio sinistro ad uno sforzo eccessivo tanto da infiammarlo, per lui gli ultimi 60km sono stati davvero una agonia tanto da dover prendere un brufen e mettersi un cerotto di Voltaren sul ginocchio. Negli ultimi 20km ci accorgiamo con Martin che ci sarà un’altra salita abbastanza dura. A quel punto devastato dalla fatica decido che è giunto il momento di far entrare in gioco la testa e rischiare il tutto per tutto, questo significa gas aperto per 20km senza badare a dolori, fatica e emozioni, la parola d’ordine è gas aperto. Ho sentito che era la giusta maniera di coronare 10 mesi di allenamenti, sacrifici miei e della mia famiglia, il giusto modo di ringraziare chi mi ha supportato e sopportato, la giusta maniera di onorare una delle strade più dure dure al mondo, che per quasi 1500km ci ha fatto essere parte della sua storia.

Prendo un gel energetico e inizio a far girare le gambe come non avevo mai fatto in tutto il viaggio, nessuno riesce a tenere il mio passo, nemmeno Martin che in tutti i giorni passati insieme si è dimostrato una macchina più che un uomo, tanto da meritarsi il soprannome di “The Machine”.

La salita finale che avevamo visto sul gps, passa sotto le mie ruote come il più semplice dei falsi piani in discesa, intravedo il cartello 7km a villa O’Higgins, allora accendo la gopro e inizio a parlare delle mie emozioni e facendo vedere il panorama intorno a me.

La spengo mancano 5km decido di aumentare ancora il ritmo il cuore lavora in maniera fluida sento le gambe con ancora tantissima energia e allora “butto giù ” una marcia e scatto come se stessi facendo del Faltrek, per quelli che saranno gli ultimi 2km della Carretera Austral. 200 metri al villaggio accendo la gopro e filmo piangendo il mio arrivo al cartello “Bienvenido a Villa O’Higgins”

Ripercorro tutto il viaggio con là mente, fissando la strada, che come nel far west, attraversa il “Pueblo”. Un pensiero mi balena nella testa più di tutti, 10 mesi di preparazione per arrivare a questo memento, dove posso dire orgoglioso ce l’ho fatta !

Nel frattempo arrivano Martin, che aveva forato a pochi km dal villaggio e Tobia, un altro bikepacker tedesco che avevamo incontrato al mattino al cafè di Porto Yungai.

Foto abbracci e pacche sulle spalle si sprecano. Gabri e Jody sono rimasti indietro a causa del dolore al ginocchio di Gabriele, ma alla fine arrivano anche loro.

Nel frattempo mi vado ad informare sulle imbarcazioni che nei miei programmi avrebbero dovuto poetarci in direzione Argentina il giorno seguente. Ma in ogni viaggio che si rispetti l’intervisto è dietro l’angolo. All’ufficio del Robinson Cruise mi dicono: domani non partono traghetti causa vento. Questo rischia di scombinare i nostri piani per il trekking Torres Del Paine. Ma per il momento, le magie con la logistica, sono rimandate al giorno seguente.Nel frattempo troviamo alloggio in una splendida Cabana tutta in legno e molto curata : El Moro. Ormai tardi decidiamo di andare direttamente a cena senza doccia e senza cambiarci. Il tavolo era così composto:

3 Italiani, 2 Tedeschi e i 2 ragazzi Olandesi che stavano percorrendo la nostra stessa strada, ma in 4×4.

Dopo 5 minuti in tavola c’erano già più di 15 birre. La cena ovviamente si trasforma in un party per festeggiare la fine della Carretera Austral. Risultato: 38 birre in 7, con il conto delle bevande che ha doppiato nettamente quello del cibo. Completamente distrutti e ubriachi ci alziamo dal tavolo alle ore 1am facendo un rumore infernale, tra schiamazzi, battute e urla a caso, in pieno stile italiano. I 200 metri che ci separano dal nostro alloggio, da affrontare in bici, sono un concentrato di scene irripetibili. La povera gestrice della Cabana rimane a bocca aperta quando si vede arrivare 5 persone in bici completamente ubriache che vociano a pieni polmoni in mezzo ad un piccolo paese, che ha fatto del silenzio una delle sue prerogative. Palesemente innervosita ci conduce alle nostre camere, dove senza fare la doccia e con un minuto di stretching ci accasciamo sui nostri comodi letti, sapendo che domani ci aspetta un giorno di meritato riposo.

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